Quest’anno, per la prima volta, abbiamo coltivato la roveja, una sorta di pisello selvatico.
Ne siamo entusiasi e vogliamo raccontarvi la nostra esperienza con questo legume che, d’ora in poi, non mancherà nel nostro campo.
Ci siamo interessati alla roveja perché cercavamo altri legumi che potessero adattarsi bene da noi. Dal momento che i piselli qui hanno sempre stentato a crescere, abbiamo pensato fosse una buona idea orientarci su qualcosa di più selvatico e quindi, almeno teoricamente, meno esigente.
La roveja
La roveja è detta anche pisello dei campi, rubiglio, pisello grigio o pisello selvatico. Cresce anche in forma spontanea, lungo le scarpate e nei prati e per questo alcuni ricercatori sostengono che si tratti di un progenitore del pisello comune (Pisum sativum) da cui si distingue per il colore dei fiori (violetti) e per i semi, che sono più piccoli e di colore grigio o bruno.
In realtà la sua classificazione botanica è ancora indefinita. Potrebbe anche essere una varietà di pisello da foraggio (Pisum arvense) o una forma semi–domesticata del pisello selvatico (P. elatius).
La coltivazione della roveja è molto simile a quella del pisello.
Si semina in autunno, dove l’inverno è mite, oppure in primavera, dove l’inverno è rigido. Proprio come i piselli.
Con temperature di –2° la pianta muore, mentre sopra i 30 ° si ha una maturazione accelerata dei baccelli.
Nei secoli passati questo pisello era coltivato su tutta la dorsale appenninica umbro-marchigiana, in particolare sui Monti Sibillini. Si seminava in primavera, si sfalciava a luglio, si facevano essicare i baccelli per qualche giorno e poi si trebbiava con una trebbia da aia.
Era coltivato principalmente come pianta da foraggio (fresco o secco), anche se ci sono accenni ad uno scopo alimentare umano.
Per chi vuole più notizie su questo antico legume, consigliamo questa lettura.
La nostra esperienza
Abbiamo cominciato la nostra avventura con la roveja a gennaio, con l’acquisto dei semi.
Speravamo fosse un’alternativa ai piselli con cui abbiamo avuto sempre delle difficoltà. Molto interessante è stato anche sapere che il fiore è strettamente autogamo per cui la fecondazione incrociata avviene molto raramente.
Semina
Trovandoci in fondovalle abbiamo scelto la semina primaverile e così abbiamo seminato, nella stessa giornata, ceci, piselli, roveja e cicerchie (che non sono nate).
A metà marzo abbiamo messo nel terreno i pochi semi di roveja contenuti nella bustina (meno di 20) con l’idea che, se le piante si fossero dimostrate adatte al nostro campo, avremmo salvato tutto il raccolto come sementa per il prossimo anno.
Per la semina e la coltivazione ci siamo comportati come per i piselli: semina in fila a distanza di 5 centimetri e tutori. Diciamo che i nostri pochi semi hanno occupato un metro scarso!
Coltivazione
Benché spesso si legge che i terreni calcarei non sono adatti ai legumi, i semi hanno germogliato. Certo il clima molto fresco ha aiutato, ma i piselli comuni, seminati su una fila adiacente, hanno faticato molto di più.
Ad aprile le piante erano rigogliose e avevano tanti bellissimi fiori violetti. Avevamo sistemato dei tutori di canne aspettandoci che le piante raggiungessero quasi due metri, come avevamo letto, invece le nostre non hanno superato il metro e venti.
I baccelli si sono formati tra maggio e giugno. Molto più piccoli di quelli dei piselli ma più “cicciotelli”.
Dopo metà giugno molti erano maturi il giusto per essere mangiati freschi.
Ne abbiamo raccolti solo una decina per assaggiarli e l’assaggio ci ha sorpreso, il sapore dei semi è molto buono anche se risultano un po’ meno dolci dei piselli.
Raccolta
Per raccogliere gli altri baccelli abbiamo aspettato che diventassero gialli, e abbiamo lasciato che le piante diventassero secche per raccogliere gli ultimi. Quest’anno tutto il raccolto è stato destinato alla conservazione, per avere più sementa per il prossimo anno, per cui è più pratico raccogliere i baccelli secchi, come facciamo per i ceci.
La maturazione dei baccelli e l’appassimento delle piante, sono avvenuti comunque in anticipo rispetto a quanto letto. All’inizio di luglio le piante erano quasi del tutto secche. Probabilmente le temperature incidono moltissimo e bisogna rassegnarsi all’idea che la roveja concluda il suo ciclo intorno ai 30 gradi .
La sbaccellatura è stata semplice, poi abbaimo lasciato i semi ad essicare ancora qualche giorno prima di metterli un sacchetto di carta, pronti per la prossima semina.
Resa
Confrontati con i piselli, la produzione della roveja, almeno in questa prima esperienza, è stata maggiore. La resa è stata incredibile, da 15-20 semi abbiamo raccolto 250 grammi di granella!
Questo pisello selvatico diventerà parte delle nostre coltivazioni base, crediamo di aver trovato un altro legume poco esigente che ci permetterà un’ulteriore autosufficienza.
Roveja in cucina
I semi di roveja si possono cuocere sia se sono freschi che se sono secchi, ma in questo caso necessitano di un ammollo di 24 ore.
Si usano come i piselli, quindi ottimi come contorno, per le minestre, da aggiungere nei sughi, ecc.. Dopo la cottura possiamo farne una purea buonissimo da splamare su crostoni di pane.
Inoltre la granella secca si può macinare per ottenere una farina di roveja con cui fare una sorta di polenta detta faracchiona.
Per quest’anno non abbiamo potuto provare nessuna ricetta, né farne un po’ di farina (i semi servivano come sementa per la prossima semina), ma il prossimo anno avremo un raccolto maggiore e ci cimenteremo in tantissimi esperimenti culinari.