Smontaggio dei bancali sinergici

nuova aiuolaFinalmente abbiamo fatto lo smontaggio dei bancali sinergici. Un’impresa ardua, sotto diversi punti di vista, ma in fine ci siamo riusciti. Inutile insistere su qualcosa se non funziona.
Non che l’agricoltura sinergica non funzioni in assoluto, diciamo che non funziona per noi.

I bancali non ci hanno mai convinto del tutto ma abbiamo tergiversato a lungo prima di deciderci a smontarli definitivamente. Poi, quando la decisione è diventata emotivamente facile, siamo passati all’azione.

Forse prima non eravamo pronti, in definitiva il modo in cui coltiviamo è solo l’espressione di quello che siamo, quindi la nostra agricoltura cambia solo se noi siamo cambiati.

Breve storia dei bancali

Per conoscere nel dettaglio la storia dei nostri bancali sinergici basta riguardare il post dedicato, qui facciamo un piccolo riassunto e molte considerazioni.

I bancali sono nati perché volevamo sperimentare l’agricoltura sinergica così come codificata da Emilia Hazelip.
orto "ibrido"Al tempo tutte le aiuole-orto avevano file di coltivazione singole, leggermente rialzate, lavorate solo con forca-vanga e zappetta e costantemente pacciamate con paglia, sfalci e potature triturate. Lo abbiamo sempre definito un “orto ibrido”.

Eravamo abbastanza contenti del nostro orto ma rimaneva la sensazione di aver fatto dei compressi, tra praticità e agricoltura naturale, ancor prima di verificare sul campo se un’agricoltura “alternativa”, seguita alla lettera, funzionasse.

Era come se una vocina ci dicesse di sperimentare in modo più ortodosso prima di fare delle scelte perché, in fondo, eravamo dei novelli agricoltori.

Decidemmo così di sacrificare un’aiuola dell’orto per sperimentare l’agricoltura sinergica, e costruimmo quattro bancali, con non poca fatica.

In verità, abbiamo intuito immediatamente che non ci piacevano e fin da subito li abbiamo trovati molto scomodi, ma eravamo fiduciosi che ci sarebbe stato un notevole miglioramento del terreno (che nel nostro orto faticava a verificarsi) e una maggiore produzione di ortaggi per via delle consociazioni.

Stagione dopo stagione, pur apportando delle modifiche e prendendoci cura dei bancali, lo stato del suolo è peggiorato, come pure la nostra sensazione di disagio con questo metodo.

La terra sui bancali, nonostante la presenza di piante e pacciamatura, è diventata sempre più dura e compatta, e la vita (insetti e lombrichi) sempre più scarsa.

Scelta emotiva

Avremmo voluto distruggerli già dopo la seconda stagione ma non trovavamo il coraggio.
Un po’ per la fatica fisica che ci avrebbe richiesto ma anche perché la stessa, irritante, vocina diceva che era impossibile che non funzionassero, sicuramente noi avevamo sbagliato qualcosa.

Quello che ha messo la parola fine a tutti i dubbi, è stato l’incontro con Kutluhan Özdemir che mi ha fatto ritrovare il mio “spirito ispiratore”.

Il fatto che mi dicesse che sicuramente c’era più vita sui camminamenti che sui bancali (cosa assolutamente vera) e che se io fossi stata un lombrico non avrei amato vivere in un posto rialzato ed esposto, per me è stato come un flash-back.
L’agricoltura di Fukuoka, la sua parte emotiva e filosofica è tornata dinuovo in me. L’atteggiamento di umiltà e di devozione che lui aveva verso la terra, è ri-fluito dentro me.
Ho capito (ricordato) che quella era la mia strada, quella era l’agricoltura che mi aveva sempre commosso e quello l’atteggiamento che mi aveva mosso a fare delle scelte istintive.

Ho dato maggior peso all’istinto e ho rivalutato le nostre scelte da neofiti: erano valide, erano nostre e avevano funzionato meglio alla verifica sul campo!

Scelta razionale

Per chi ha un atteggiamento più scientifico e razionale, diciamo che comunque qualche problemino con i bancali sinergici esiste. Non appena costruiti, ma nelle stagioni successive.
Dipende proprio dal fatto che la superficie di coltivazione è rialzata ed esposta su quattro lati per cui c’è una maggiore evaporazione dell’acqua dal terreno, nonostante la pacciamatura.
Questo determina un maggiore (e veloce) compattamento del suolo, specie se argilloso, che perde così la sua vita organica e diventa inospitale per le piante.

Credo che i bancali possono funzionare solo se più simili a quelli usati nelle antiche tradizioni di coltivazione, costituiti cioè di materia organica (non di terra) e costantamente umidi.

Alcuni esempi sono le chinampas, isole verdi galleggianti, costituite principalmente da residui vegetali in decomposizione ed escrementi, o le zone di coltivazione dentro la foresta dei popoli andini realizzate con hummus di bosco e molte foglie.

Un esempio moderno, ma ripreso da tecniche antiche, è l’Hugelkultur, che prevede un cumulo molto alto ottenuto con la stratificazione di tronchi, rami, materiale vegetale verde e letame.

Smontaggio dei bancali

Il lavoro di smontaggio è stato arduo, i bancali (dopo mesi di abbandono) erano talmente ricoperti di erba varia, cicoria e bieta, da non distinguerne più la forma.

Abbiamo cominciato estirpando la vegetazione spontanea nata sui camminamenti per poter riportare a vista la terra. Abbiamo poi raccolto tutto quello che c’era di commestibile sui bancali, dedicando diverse ore alla pulizia e alla cottura delle verdure.

Una volta ripuliti i bancali, è arrivato il momento della loro distruzione vera e propria.
Lo smontaggio è iniziato con l’uso della forca-vanga. L’idea era quella di prelevare delle “zolle di terra” dai bancali e adagiarle sui camminamenti in modo da riempirli. Abbiamo provato ma la forca-vanga a stento riusciva a penetrare nel suolo ed era impossibile spostare la terra dai bancali.

Siamo allora passati alla zappa, facendo una prova su una piccola parte dei bancali.
Con fatica siamo riusciti a spostare la terra sui camminamenti e ci siamo resi conto di un’altro problema: la terra dei bancali non era più sufficiente a riempirli.
Il terreno argilloso si era ridotto di volume sui bancali e il compattamento aveva reso i camminamenti ancora più bassi. Insomma, mancava proprio la quantità di terra per far tornare tutto allo stesso livello!

Eravamo molto scoraggiati e alla fine abbiamo deciso di usare la motozappa.
Ci è sembrato l’unico modo possibile per scompattare e ammorbidire la terra in modo da poterla spostare.
Abbiamo dovuto fare diverse passate per scompattare il terreno, poi finalmente ci siamo potuti dedicare al  livellamento dell’area con l’aiuto del rastrello.

Una gran faticaccia e per me la conferma che modellare il terreno, cambiare il paesaggio, è un intervento che diventa quasi permanente e richiede l’uso di grandi macchine, sia per creare che per distruggere. Tutto molto lontano dalla mia idea di agricoltura.

Dopo lo smontaggio

Alla fine, benché tutta l’aiuola sia un po’ più bassa rispetto al campo circostante, possiamo dire che tutto a livello terra. Almeno non c’è più nessun dislivello tra zona di coltivazione e camminamenti.

L’aiuola è stata divisa in fasce di coltivazione larghe, dove seminare/trapiantare tre file di piante, intervallate da un camminamento.
In base a questo schema abbiamo allestito il sistema di irrigazione ad ala gocciolante.

Per ripristinare un minimo di fertilità, sulla nuova aiuola abbiamo sparso uno strato di pollina matura, abbiamo pacciamato con paglia e fieno, e infine fatto i primi trapianti.

In questa nuova aiuola hanno trovato posto parte dei nostri pomodori, basilico, carote tonde, insalate e anche peperoni e zucchine.

Una piccola parte della aiuola, invece, è stata dedicata alla gilda delle tre sorelle, fatta in modo più lineare per sfruttare l’irrigazione a goccia, composta da mais rosso di Marano, fagioli del Purgatorio, zucche Butternut e girasoli.

Nuovo inizio

Ora non ci resta che vedere come andrà.
Certo in questa nuova aiuola non c’è una grande attività di microorganismi, insetti e lombrichi, la terra sembra morta.
Dovremo sicuramente intervenire con concimazioni naturali, o fertirrigazione, e tenere una pacciamatura molto alta affinché si ripristini velocemente uno strato organico.

Ci vorrà del tempo, e impegno, ma siamo contenti di esserci liberati dei bancali sinergici.
Benché il loro smontaggio è stato davvero impegnativo (ed io ho rimediato uno strappo muscolare!), ci ha permesso di capire che modellare il terreno è troppo limitante per noi. Vogliamo poter sperimentare e poter cambiare approccio agricolo man mano che le nostre conoscenze ed esperienze si evolvono.

Sarà un nuovo inizio!

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