Diario di campagna: ottobre 2022

crochiL’autunno è arrivato. Ancora senza i suoi colori magnifici ma con umidità alta, cielo grigio e pioggia.
I campi sono bagnati, l’erba spontanea cresce rigogliosa e sono comparsi i crochi.

Purtroppo non siamo riusciti a completare tutti i lavori in programma per settembre, quindi questo mese dovremo approfittare di ogni bella giornata soleggiata per metterci in paro. Le semine di grano e fave sono ormai imminenti, come pure la raccolta delle olive.

Ritorno in città

A volte la vita ci chiama altrove, rispetto a dove vorremo essere e, per problemi familiari, sono tornata a vivere in città. Il lato posito di questa “esperienza forzata” è che posso riflettere sulla nostra scelta di trasferirci in campagna.

La città mi appare disumana, una condizione assolutamente artificiale. La densità di popolazione e macchine, il continuo rumore e le mille luci mi disturbano parecchio.
Ci si abitua presto a ritmi più legati alla natura, e qualche anno fa non l’avrei detto.

Certo non si può negare la bellezza di Roma e neanche che la città offra tantissimi servizi (negozi, mostre, locali, ecc.), a cui mi sono disabituata, ma le cose che mi mancano della campagna sono moltissime.
La luce naturale, il suono degli uccelli, il calpestio dei cinghiali, l’assenza di illuminizione pubblica e di traffico, di colpo mi appaiono come la condizione perfetta, più sintonia con la mia “anima”.

Anche fare la spesa qui in città mi appare strano, bisogna comprare tutto!
Noi siamo abituati ad una piccola autosufficienza e, in effetti, non abbiamo necessità di comprare molto.
Mi rendo conto che non acquistiamo la verdura da anni, che la frutta fa parte della lista della spesa solo raramente e che avere grano e legumi autoprodotti ci permette una certa sopravvivenza alimentare.

Mi sento fortunata. Penso con nostalgia al mio orto, ai tanti lavori che ho lasciato da fare e non vedo l’ora di tornare.

La campagna

Coltivare crea un legame con la terra, un’identificazione con i ritmi della natura anche per una cittadina di nascita come me. Sembra quasi impossibile, ma credo che tutti abbiamo conservato una sorta di istinto, un collegamento ancestrale con la Madre Terra che torna prepotente appena gliene diamo la possibilità.

Spero che nel mentre le lumache non abbiamo divorato le piantine dell’orto invernale, che le cavolaie non abbiano depositato troppe uova sulle foglie dei cavoli, che a pacciamatura sia stata sufficiente a rallentare l’erbaccia, che le zucche siano maturate…

Quando tornerò avrò parecchio da fare, molto più che recuperare il ritardo sulla tabella dei lavori agricoli, quindi non mi resta che confidare che quest’anno l’estate indiana duri a lungo!

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