Coltivazione del grano duro
in piccola scala

spiga di grano duroProduciamo il grano tenero già da qualche stagione e quest’anno, per la prima volta, abbiamo provato anche il grano duro, tipo Senatore Cappelli.
Ora, finite le lavorazioni (trebbiatura, pulizia e lavaggio) e la prova macinatura, vogliamo condividere con voi la nostra esperienza. Sappiamo che in molti siete interessati a una coltivazione del grano in micro scala!

Tutto è cominciato quando, la scorsa estate, ci hanno fatto dono di qualche chilo di grano duro.
Ci hanno detto che era Senatore Cappelli, benché questa varietà di grano non può essere commercializzata se non dal Sis (Società italiana sementi) che ha l’esclusiva in base a un contratto di licenza con il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura controllato dal Ministero delle Politiche Agricole).
In teoria se si vuole questa varietà di grano è obbligatorio comprarla, e poi rivenderla, solo dalla società in questione. Nel 2019, comunque, l’antitrust ha multato Sis per pratiche scorrette verso i clienti agricoltori.

A noi più che la varietà interessava provare la coltivazione del grano duro per affiancarla a quella del grano tenero ed avere così due tipi di grano ben distinti, sia nell’aspetto che per il loro utilizzo finale.

Ecco qui il racconto, comparato, della nostra esperienza di coltivazione.

Il grano duro

Abbiamo cominciato con la semina lo scorso novembre, anche se avremmo dovuto farlo ad ottobre. Ci siamo affidati alle conoscenze acquisite con il grano tenero e ne abbiamo sparso tre chili su una superficie di 100 metri quadri circa.

Sul momento non ci siamo chiesti se la nostra zona fosse adatta alla coltivazione del grano duro (tipo Senatore Cappelli). Solo dopo abbiamo letto che questa varietà, originaria della Puglia, in effetti viene meglio nel Sud Italia, ed è meno adatta a climi umidi di pianura, dove viene meglio il grano tenero.

Comunque, entusiasti del nuovo esperimento, abbiamo effettuato la semina a spaglio e a novembre avevamo due aree di uguale dimensione, coltivate a grano: una con il Pandas e l’altra con il Senatore Cappelli.

Coltivazione del grano duro

Le differenze tra le due specie di grano si sono notate quasi subito.
Quando i semi sono germogliati ci siamo resi conto che nell’aiuola del grano duro erano molto più radi.
Forse hanno avuto più difficoltà a nascere per via della semina tardiva o forse gli uccelli, che regolarmente ci fanno visita subito dopo le semine, lo preferiscono a quello tenero!

Eccetto la differenza di densità, nella prima fase di crescita (quando il grano sembra erba) le due specie di grano erano più o meno simili. In primavera, invece, sono apparse le dissomiglianze.

A fine aprile il grano tenero aveva spighe ben visibili, benché verdi, mentre quello duro era una distesa di steli molto alta ma senza un accenno di spiga.

A fine maggio la diversità di altezza era davvero notevole, diciamo un metro e quaranta il grano duro contro sessanta centimentri quello tenero!
Inoltre le spighe del grano duro, finalmente apparse, presentavano dei lunghi filamenti (dette reste), quasi tutti scuri e molto consistenti.

Una volta formate le spighe, lo stelo si è curvato. Eravamo in ansia ogni volta che c’era un vento sostenuto perché il grano ondeggiava paurosamente, vista la notevole altezza.

Intorno alla metà di giugno il grano tenero era pronto da mietere mentre il grano duro non era completamente maturo. Alla prova della masticazione del chicco, fatta da noi ma specialmente da un agricoltore esperto, abbiamo capito che dovevamo aspettare ancora una decina di giorni per la mietitura.

Possiamo quindi dire che la maturazione del grano duro, tipo Senatore Cappelli, è tardiva. Solo una decina giorni, ma questa differenza si è rivelata ottima perché in questo lasso di tempo abbiamo potuto dedicarci esclusivamente al grano tenero.

Mietitura e trebbiatura

covoni Al momento della mietura, fatta con il falcetto, abbiamo trovato molto scomodo fare i covoni. Un po’ per la notevole altezza ma anche perché gli steli non perfettamentamente dritti e le lunghe reste delle spighe impedivano di accatastare le spighe in modo ordinato.

Il momento più critico, però, è stata la fase di trebbiatura. Abbiamo provato diversi sistemi ma il grano duro è veramente duro (nomen omen) e i filamenti scuri sono ruvidi e resistenti tanto da ferire.

Metodi di trebbiatura

Dopo che la prova di trebbiatura battendo i sacchi non ha dato nessun risultato (le spighe rimanevano quasi intatte), abbiamo provato il metodo suggerito da un nostro amico coltivatore di grano duro.

Lui stende un telo a terra, ci adagia le spighe e poi ci “razzola” sopra con le scarpe, come se si pulisse i piedi sullo zerbino. A noi l’idea di mettere a contatto il grano con una suola di gomma, con il rischio di ritrovarci residui di plastica, non ci piaceva affatto. Abbiamo però sperimentato il metodo “razzolamento” distendendo sopra le spighe un telo di plastica e abbiamo cominciato a “razzolarci” sopra. Purtroppo in questo modo non funziona perché i due teli, sopra e sotto le spighe, si muovono e scivolano e le spighe invece di rompersi si girano soltanto.

Un po’ demoralizzati siamo passati al metodo del setaccio, già collaudato con il grano tenero.

L’operazione è stata laboriosa, con il grano duro bisogna spingere forte contro la rete del setaccio, quindi ci vuole più forza e più tempo. E bisogna assolutamente usare dei guanti spessi per non ferirsi le mani!

I chicchi si staccano dalla spiga solo sfregando bene ma purtroppo anche moltissimi filamenti passano tra maglie.

Alla luce di questa esperienza, pensiamo che il metodo del “razzolamento” potrebbe funzionare apportando qualche modifica. Se sopra il primo telo, prima di adagiare le spighe, si inserisce una griglia in metallo (una rete fitta e resistente), si dovrebbe avere l’effetto setaccio. “Razzolando” sopra il secondo telo di copertura, non dovrebbe esserci l’effetto scivolamento e le spighe dovrebbero rompersi urtando la griglia di metallo.

Ci proveremo il prossimo anno, sperando di risolvere il problema della lunghezza e della fatica della trebbiatura.

Pulizia con il vento

Anche la fase di pulizia per separare i chicchi dalla pula, sfruttando il vento, si è rivelata più lunga e meno efficiente rispetto al grano tenero. Le famigerate reste sono lunghe e intrappolano molti semi, inoltre, essendo spesse hanno un certo peso e non volano via facilmente.

La pula che si ricava dalla pulizia del grano noi la usavamo come substrato per i nidi delle galline. Le nostre gallinelle la preferivano alla paglia che immancabilmente toglievano dai nidi.
Questa pula di grano duro, però, non è adatta allo scopo perché molto urticante, le galline si potrebbero ritrovare qualche resta infilata nella carne, come è successo a noi!
La useremo come pacciamatura nell’orto.

chicchi di grano duroLavaggio

Ritrovandoci con un grano meno pulito, ovviamente il lavaggio è stato necessario.

Bisogna dire che rispetto al lavaggio molto veloce del grano tenero, anche in questa fase il grano duro ha richiesto più tempo.
Versando i chicchi nella bacinella c’erano molti più scarti da togliere e ci si impiegava parecchio tempo.
Dopo qualche minuto, però, anche gli scarti vanno a fondo e quindi abbiamo dovuto rimestare più e più volte in modo che tornassero in superficie e si potessero eliminare.

Resa

Ed eccoci con i nostri chicchi puliti e asciugati al sole, pronti da insacchettare.
Già ad occhio si capiva che la quantità era piuttosto scarsa e così è stato confermato dalla bilancia. Solo otto chili e mezzo!

Vero che la densità di semina non era fitta, ma così poco non ce lo aspettavamo. La metà della resa del grano tenero che, quest’anno, è stata di 16 chili.

Probabilmente dovremo seminarne di più, magari 4 chili per 100 metri quadri o prevedere un ulteriore area di uguale misura.

Macinatura

Finalmente la prova della macinatura e dell’assaggio!

Il chicco del grano duro è molto più duro di quello del grano tenero, quindi la prima passata nel mulino domestico va fatta molto grossa. Serve solo a spezzare i chicchi senza sforzare la macchina.

Dopo il primo passaggio ne sono serviti altri due, aumentando sempre il “grado di finezza”, per avere una semola spettacolare!
Tuttavia il colore della nostra semola non è il giallo paglierino della semola, anche bio, che si compra, è più un giallino pallido. E quindi la domanda sorge spontanea: dipende dal fatto che la nostra è super integrale, dalla varietà di grano duro usata, o ci mettono qualcosa nella semola per darle quel colore?

Infine, tenete conto che per quanto possiate macinarla fine, la struttura della farina del grano duro è diversa da quella di grano tenero: non verrà mai una polvere sottile, manterrà sempre una sua granulosità.

Utilizzo del grano duro

Autoprodurre le due diverse specie di grano permette di fare tantissimi prodotti e una certa autosufficienza alimentare. Ovviamente parliamo di utilizzo di farine o chicchi assolutamente integrali.

Farina di grano

Le diverse caratteristiche dei due tipi di grano li rendono adatti a prodotti diversi.

Il grano tenero, avendo una tenacità medio-bassa e una buona estensibilità, è adatto per la panificazione e per i dolci. Noi usiamo la farina di grano tenero, in purezza, sia per fare il pane che le crostate.

Al contrario, il grano duro ha un’alta tenacità ma poca estensibilità, quindi è perfetto per fare la pasta ma ci si può fare anche il pane.

Il nostro primo test con la farina di grano duro (semola), è stata la pasta all’uovo e il risultato ci ha sorpreso.
La sfoglia è venuta molto ruvida, come se l’avessimo stesa con il mattarello di legno e non attraverso i rulli di acciaio della macchinetta!

Le fettuccine, che abbiamo condito con un sugo bianco di funghi, ci hanno sorpreso anche nel sapore.
Il gusto e l’aroma di grano era fortissimo, quasi da coprire il sapore del condimento ma con sughi più corposi, tipo ragù o cinghiale, crediamo debbano essere uno spettacolo per il palato.
Per fare la pasta abbiamo usato metà semola e metà farina 00, ciò nonostante il sapore era piuttosto deciso.

Sarebbe interessante provare anche a fare la pasta non all’uovo, quella di grano e farina, insomma spaghetti e rigatoni. Servirebbe però una macchinetta apposita…

Grano cotto

I chicchi del grano, sia duro che tenero, si possono anche cuocere.
La procedura è la stessa, ci vogliono 48 ore di ammollo e una lunga cottura, almeno un’ora.

Noi abbiamo provato con quello tenero e ci è piaciuto. Si ottengono deliziose zuppe, minestre, insalate e si può usare anche come ripieno di diversi ortaggi.

Con il grano duro cotto, oltre ai piatti già citati dove si usano i chicchi interi, è di gran moda fare il bulgur (grano spezzato).

In realtà un bulgur crudo, perché quello classico è grano duro spezzato, ma germogliato, precotto ed essicato prima della spezzatura.
Si ottiene cuocendo la prima macinatura dei chicchi, quella molto grossolana, e si può condire con carne, pesce o verdure, tipo il cous cous. Presto un post con la ricetta passo passo.

Con la semola della seconda o terza macinatura, invece, si può fare una polenta (di grano invece che di mais) molto interessante.

Conclusioni

Alla fine della fiera, diciamo che la coltivazione non ha presentato problemi, mentre la mietitura e la trebbiatura si.
Purtroppo per il grano duro bisogna mettere in conto molto più tempo (e fatica) per tutte le varie fasi.
Inoltre la resa inferiore è stata un po’ deprimente.

Il risultato al palato, però, è stato così eccezionale, che vale sicuramente la pena continuare a coltivarlo.
Sarà una delle nostre coltivazioni fisse e stiamo già preparando per la prossima semina!

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