Le padelle antiaderenti non sono particolarmente salutari, almeno per noi, e non ci piace usarle; preferiamo cucinare su padelle non antiaderenti. Quindi, da quando viviamo in campagna, ci siamo liberati di tutte le padelle e pentole antiaderenti che avevamo e abbiamo imparato che quasi ogni padella o pentola, se usata con criterio, è in realtà antiaderente. Vediamo dunque come vanno usate.
Una piccola precisazione, prima di continuare: quanto diremo vale, se non specificato diversamente, per ferro, acciaio, ghisa, alluminio.
Per le stoviglie in rame invece no, a meno che non siano rivestite in acciaio. Se rivestite in rame stagnato sono fantastiche per alcune cose, ma ne parleremo casomai in un altro post. Quindi, ripetiamo, quanto detto vale solo per ferro, acciaio, ghisa e alluminio.
Perché il cibo si attacca alla padella?
Il cibo si attacca alla padella per due ordini di motivi, uno di tipo fisico, ed uno di tipo chimico.
Il motivo fisico
La superficie di ogni padella (o pentola) in metallo è microporosa, per quanto possa sembrare perfettamente liscia (nella foto in basso, una padella di ghisa al microscopio elettronico).
Ora cosa accade quando mettiamo sul fuoco una padella di ferro, acciaio, ghisa o altro metallo?
Il calore si propaga a tutta la padella, e il metallo inizia a scaldarsi. Ma essendo appunto un metallo, scaldandosi si dilata anche.
Dilatandosi, va a espandersi dove può, in tutte le direzioni, e il primo spazio libero che trova dove espandersi sono appunto i micropori superficiali. Dunque scaldandosi il metallo si espande e chiude questi micropori.
Ma cosa accade quando mettiamo del cibo nella padella calda?
Il cibo ovviamente è più freddo della padella, e dunque localmente, dove va a toccare la superficie della padella, la raffredda.
Il metallo raffreddato si contrae, e quindi i micropori si riaprono. Poi, lentamente, la padella si riscalda di nuovo (e con essa il cibo), si espande di nuovo, e di nuovo va a chiudere i micropori superficiali. Ma se c’è del cibo in questi micropori, viene “pinzato” e si attacca.
Questo è dunque il motivo diciamo fisico per cui il cibo si attacca.
Il motivo chimico
Tra il cibo e il materiale della padella si possono poi formare dei legami chimici, che non sono fortissimi ma comunque esistono. E i cibi ricchi di proteine possono formare legami complessi con gli atomi del metallo di cui è composta la padella.
Bene, questi sono i due motivi per cui il cibo si attacca alla padella, i due fenomeni con cui dovremo fare i conti. Ma quando si cuoce c’è un terzo fenomeno che bisogna conoscere, e che invece può venirci in aiuto: la reazione di Maillard.
La reazione di Maillard
Non c’è puntata di un noto reality (???) di cucina in cui non si citi la reazione di Maillard. E’ una delle reazioni chimiche più importanti in cucina, perché alla base di tutti i fondi, e perché dona sapore ed aroma al cibo. Senza approfondire più di tanto, diciamo che è la reazione che determina l’abbrustolitura: della carne, del pane, dei vegetali (la crosticina delle patate al forno), ecc. ecc.
Ora, per capire bene come operare con le padelle in metallo non antiaderenti, l’unica cosa che ci importa sapere è che questa reazione inzia a 145° centigradi circa, è esotermica (cioè da quando inizia libera calore), ed è autocatalitica (cioè una volta iniziata la velocità con cui avviene aumenta sempre di più man mano che avviene la reazione stessa).
Tranquilli: la parte di spiegazione teorica è finita! Però ora che sappiamo quali sono i motivi che determinano l’attaccatura dei cibi, possiamo capire come operare per evitarla.
Evitare che i cibi si attacchino
Prima cosa: oliare la padella
Si, certo, lo sanno tutti che bisogna oliare la padella, ma come?
Per prima cosa scaldatela, fino a 150/160 gradi centigradi, e poi versateci dell’olio. Non scaldatela di più, altrimenti correte il rischio di superare il punto di fumo dell’olio, e questo non è buono.
Il motivo per cui bisogna prima scaldare la padella, è che così facendo l’olio si scalderà immediatamente, perderà viscosità, diventerà più liquido, ed andrà a riempire tutti i micropori sulla superficie della padella. In questo modo il cibo non potrà penetrarvi, perché c’è già l’olio.
E così abbiamo affrontato il problema fisico dell’attaccamento dei cibi.
Inoltre l’olio molto caldo reagirà con gli atomi superficiali della padella e formerà una patina impedendo che tra gli atomi della superficie della padella e il cibo si formino dei legami chimici, e così abbiamo affrontato in parte anche il problema chimico. Ma affrontato non vuol dire risolto.
Seconda cosa: cibi asciutti!
Se il cibo che andiamo a mettere nella padella (calda e oliata) è bagnato, l’acqua superficiale raffredderà localmente la padella, si perderanno le proprietà isolanti della patina grassa, e si riapriranno i microcrateri.
Inoltre, per evitare che si formino i legami chimici tra cibo e padella, l’obiettivo deve essere quello di rompere il più velocemente possibile le molecole delle proteine sulla superficie del cibo (quando cuociamo, facciamo esattamente questo: rompiamo le catene molecolari delle proteine). Dunque prima regola, cibi asciutti!
Se però il cibo è umido per sua natura, si può infarinare prima di passarlo in padella: in questo modo il leggero strato di farina agirà da barriera tra la superficie della padella e le proteine del cibo, rendendo più difficile l’attaccatura.
Nonostante tutte queste accortezze, però, noterete che i cibi si attaccano ugualmente alla padella.
Ma se si attacca comunque?
Beh, nessun problema. Intanto è normale che un po’ comunque accada, e adesso entra in gioco la conoscenza che avete acquisito se avete letto fin qui.
Se il cibo è asciutto (torneremo su questa cosa dell’umidità per spiegarla meglio), anche se è attaccato, man mano che si scalda iniziano a rompersi i legami tra le proteine del cibo, e tra queste e la padella, ed inizia la reazione di Maillard, e dunque inizia a formarsi la crosticina.
Quindi, anche se apparentemente il cibo si è attaccato, dopo qualche minuto si sarà formata la crosticina sulla superficie del cibo che agirà da barriera tra la superficie del cibo e quella della padella, e il cibo si staccherà da solo senza problemi.
Però abbiamo detto che la reazione di Maillard è esotermica ed autocatalitica, per cui se la lasciamo libera di correre il rischio è di bruciare l’esterno del nostro cibo.
Come rendersi conto di quando è il momento di girarlo, e come regolare il fuoco?
Lo sfrigolio nelle padelle non antiaderenti
Appena mettete del cibo, asciutto, nell’olio caldo della padella, il calore dell’olio provoca immediatamente il rilascio di un po’ d’acqua dal cibo. Ma quest’acqua, se l’olio è abbastanza caldo, si trasforma immediatamente in vapore. Lo sfrigolio che si sente quando si mette del cibo in padella è il suono dell’acqua che viene vaporizzata a contatto dell’olio (o del grasso, se avete usato burro o strutto o un altro grasso) bollente.
A 145 gradi, circa, abbiamo detto che inizia la reazione di Maillard (la crosticina). Uno dei prodotti di scarto della reazione di Maillard è la produzione di acqua, quindi finché sentiamo il cibo sfrigolare, vuol dire che o dell’acqua sta fuoriuscendo dal cibo, e la reazione di Maillard ancora non è iniziata, o dell’acqua si sta formando come risultato della reazione di Maillard. Quest’acqua riduce la velocità di sviluppo della reazione di Maillard.
Ma quando il cibo non sfrigola più, allora è il momento di fare attenzione! La reazione di Maillard genera calore (è esotermica), la padella è sul fuoco, non c’è più sfrigolio quindi non c’è più dell’acqua che assorbe il calore in eccesso trasformandosi in vapore, ed è questo il momento in cui il cibo potrebbe bruciarsi. E ve ne accorgerete, oltre che dal rumore che cambia, anche dal fatto che dalla padella non si alzerà più vapore.
Per cui, appena finisce questo rumore, è il momento di prendere il cibo e girarlo, oppure brucerà! Lo stesso se abbiamo vari pezzi di cibo in padella, e mentre il rumore continua notiamo che invece da uno dei pezzi non si alza più vapore. Quel pezzo va girato subito!
Come regolare il fuoco in cottura per ghisa, ferro e acciaio
Quindi come regolare il fuoco?
Nel caso della padella in ghisa, tenerlo molto alto all’inizio, per scaldarla, e continuare con il fuoco alto appena si mette il cibo. Poi abbassarlo leggermente man mano che la cottura procede e lo sfrigolio diminuisce, rialzarlo brevemente quando si gira il cibo (si libererà di nuovo acqua dall’altro lato, se non è ancora stato scottato) e la temperatura della padella si abbasserà), e poi riabbassarlo leggermente di nuovo quando lo sfrigolio diminuisce.
Inoltre, poichè la padella in ghisa trasporta il calore in maniera piuttosto disomogenea (alcuni punti diventeranno naturalmente più caldi, altri meno), metterla su un fornello con il fuoco abbastanza largo. E siccome la ghisa ha una grande capacità termica, occorre anche un fuoco abbastanza potente. Insomma, il fornello su cui mettete la caffettiera, a meno che la padella in ghisa non sia molto piccola, non va bene.
L’acciaio e il ferro trasportano il calore meglio della padella in ghisa, ma anche qui è comunque consigliabile di usare un fornello abbastanza ampio rispetto alla dimensione della padella.
Evitare di rovinare la padella non antiaderente
Le padelle in ghisa sopportano abbastanza bene il fuoco, anche alto, quelle in acciaio anche, soprattutto se hanno un fondo spesso, mentre quelle in ferro (e in alluminio) no.
Se vengono scaldate troppo, tendono a bombarsi al centro, e il rialzo che si viene a creare al centro renderà poi difficoltoso oliare la padella, perché l’olio invece di espandersi su tutta la padella si raccoglierà ai bordi.
Quando usate le padelle in ferro, dunque, soprattutto se di metallo sottile, state molto attenti alla gestione del fuoco, a non alzarlo troppo. Usate casomai una retina rompifiamma, per distribuirlo in maniera omogenea.
Lo stesso vale per le padelle in alluminio, che hanno lo stesso problema.
Quali cibi NON cuocere nelle padelle in ferro e ghisa (e alluminio e rame)
Il ferro e la ghisa, a contatto con gli acidi, vengono intaccati. La cosa non è un problema dal punto di vista della salute, però un cibo che sa di metallo non è buono. Dunque evitare assolutamente, quando si cuoce in una padella in ferro o ghisa, di usare aceto, vino, succo di limone, succo di pomodoro, ecc.
E se dovete deglassare, usate solo dell’acqua.
E questo vale, anche di più, per le padelle in alluminio in cui oltre al problema del sapore c’è anche invece un problema sanitario (l’alluminio è tossico). E ancora di più per le padelle in rame, che infatti se non rivestite si usano solo per la polenta. In queste padelle mai mai mai cuocere cibi acidi (pomodoro, vino, limone, aceto, ecc. ).
Inoltre è sempre meglio evitare di conservare i cibi cotti nelle padelle o pentole di metallo: spostatelo dopo la cottura in un contenitore di vetro o altro materiale adatto.
Se invece la padella (o pentola) è in acciaio, si può usare tranquillamente per cibi acidi, e si può deglassare con il vino.
Conclusioni
Bene, adesso sapete tutto quello che abbiamo studiato noi per smettere di usare padelle antiaderenti e iniziare ad usare solo padelle in metallo.
Magari all’inizio cominciate con una padella in acciaio con un fondo spesso, prendete pratica con la gestione del calore e delle attaccature, e poi potete provare la ghisa (su cui faremo un altro post prossimamente) e il ferro, che è il materiale più difficile da gestire.
Due ultime avvertenze per cuocere con padelle non antiaderenti
Prima: alcuni cibi non devono essere cotti fino allo sviluppo della reazione di Maillard; è il caso ad esempio del pesce, o dei crostacei. In questo caso o usate molto grasso, e magari una leggera infarinatura (pensate alla sogliola alla mugnaia), oppure se volete un filetto di spigola cotto a puntino e non stracotto, utilizzate un foglio di cartaforno tra il pesce e la padella.
Seconda avvertenza: non sovraccaricate di cibo la padella! Se la padella è troppo piena, si raffredda troppo e il cibo si attacca alla padella anche perché l’acqua in eccesso non riesce ad evaporare. Vi ritroverete quindi senza reazione di Maillard, col cibo attaccato alla padella, e pure mezzo bollito invece che cotto!
Fonti:
“The Science of Cooking: Understanding the Biology and Chemistry Behind Food and Cooking.”
“Keys to Good Cooking: A Guide to Making the Best of Foods”
“Cooking for geeks“
2 commenti
post geniale!
ho capito piu roba in 10 minuti di lettura (ma ora me lo rileggo 🙂
che in una vita intera!
anche io sto scappando dal teflon, ma credo che prima di comprare ferro o ghisa mi rivaluto (e riprovo) il pentolame inox (specie quelle pesanti col controfondo termico)
grazieeeee!
Ciao Alex,
grazie di averci scritto e dei complimenti, molto apprezzati.
Mio marito e’ un vero geek della cucina, a lui piace studiare queste cose (e funzionano!).
Giustissimo iniziare con le padelle in acciaio con il fondo spesso, sono le piu’ facili per prendere confidenza con la cottura su padelle non antiaderenti. Il trucco e’ sempre di oliare (o ingrassare) la padella calda, e non riempire la padella di troppo cibo (a meno che non si faccia uno stufato o una ratatuille, ovvio). La cottura delle uova in padella (soprattutto omelette), meriterebbe un post a parte. Non ne abbiamo parlato in questo, comunque per le uova le cose cambiano un po’, occorre un fuoco estremamente basso, tanta pazienza, e tanto grasso (soprattutto se, come a noi, ti piacciono bavose), e una padella in ferro dedicata solo a loro…. Ma questo sara’ appunto il tema di un altro post…
Donatella