Elettricità dagli alberi?

albero di pereNavigando per il web capita a volte di imbattersi in cose bizzarre, che non si credevano possibili. E’ il caso di questo brevetto del 2005, che spiega come ricavare elettricità dagli alberi. E non solo…

Beh, prima che vi precipitiate a disdire il contratto del vostro gestore, però, vi avverto che l’elettricità che si ricava è pochissima.
Però, c’è un però… L’elettricità è pochissima, ma c’è  una piccola nota in fondo al brevetto, anzi due, che sono molto interessanti. Ma andiamo con ordine.

Il brevetto

Come sapete i brevetti sono liberamente consultabili, nel nostro caso stiamo parlando del brevetto US2007/0279014 del 6 dicembre 2007, rilasciato a Gordon W. Wadle e Kris J. Lagadinos.
Lo potete trovare qui

Ma come funziona in pratica?

Il meccanismo è semplice, addirittura banale. L’albero rappresenta il polo positivo (il catodo), la terra il polo negativo (l’anodo).

misurazione elettricità da un albero vivo

Per ottenere corrente occorre piantare nell’albero un chiodino di ferro (il rame non va bene perchè è tossico per la pianta), quindi legare al chiodino di ferro un filo conduttore (ferro o rame); questo sarà il filo del polo positivo.
Poi si pianta una grosso chiodo, o un puntale di rame nel terreno, anche qui collegandolo a un filo; questo sarà il filo del polo negativo.

Il chiodino nell’albero deve avere un diametro tra 1,5 e 3 mm, e deve essere piantato tra 30 e 180 cm di altezza. Se l’albero ha una corteccia spessa, bisogna superare la corteccia di almeno mezzo centimetro. Quindi corteccia da 2 cm, piantare per  2,5 cm, corteccia da 3 cm piantare per 3,5 cm ecc. ecc.
Mentre il puntale nel terreno va piantato fino a 60 cm di profondità.

In questo modo si ottengono tra gli 0,8 Volt e gli 1,2 Volt, in terreni sabbiosi e sabbio-argillosi.

Ma è vero?

Beh, non ci resta che provare! In fondo basta un tester da 5 euro e 2 chiodi, uno più grande e uno più piccolo, e un albero. Devo dire che quando ho fatto il test ero molto scettico, ma con mia grande sorpresa il tester ha rilevato circa 200 millivolt misurando tra catodo (chiodino piantato in un nespolo giapponese) e anodo (chiodo piantato per una quindicina di centimetri in un terreno argilloso e bagnato per via delle piogge di questi giorni).

misurazione elettricità da un albero morto

Impressionante, almeno per me! A quel punto ho fatto la prova con un albero quasi morto, un cachi.

Secondo il brevetto l’albero deve essere vivo per dare corrente, e in effetti il cachi -nella stessa configurazione- dava una lettura di soli 70 millivolt, un terzo del nespolo.
Come detto il cachi è ormai andato (nella foto, sopra il puntale rosso del tester, si nota come il tronco sia spaccato), quindi questo forse spiega la lettura più bassa del nespolo.

Si, ma gli Ampere???

Ecco, questa è la domanda giusta da porsi. Quanti Ampere si ricavano con questo sistema?

Se immaginiamo la corrente elettrica come un fiume di elettroni che scorre, il voltaggio indica il dislivello tra la sorgente del nostro fiume di elettroni, e la foce. In un fiume reale la differenza di livello tra sorgente e foce, la pendenza, ci può dare una idea della velocità della corrente fluviale. Ma non ci dice nulla su quanta acqua il fiume trasporti, sulla forza  di questa corrente fluviale, se è in grado di trasportare un tronco o solo una pagliuzza. Nel caso della corrente elettrica, il dislivello si chiama tensione, e si misura in Volt; la quantità di corrente è l’amperaggio. Senza star qui a scrivere un trattato di elettrotecnica, una corrente di pochi milliampere non serve a molto.

Ora, leggendo il brevetto, si scopre che nei loro esperimenti gli inventori sono stati in grado di raccogliere 0,5 Joule in un’ora e 45 minuti, e poi ancora altrettanto in un’ora. Con questo mezzo joule hanno illuminato per un secondo un led da 2Volt.

Con un po’ di conti, che tralasciamo, in 2 ore e tre quarti hanno tirato fuori 0,5 Ampere, per 1 secondo.
Insomma, veramente troppo poco per mandare avanti un’abitazione, anche ammettendo di avere a disposizione un bosco vicino casa.

Inoltre, secondo gli inventori, dagli alberi si generano correnti alternate parassite, che vanno filtrate.

Quindi tutto inutile?

Beh, no. Intanto l’idea di per se è geniale, e magari foriera di ulteriori sviluppi e migliori ingegnerizzazioni. Ma non è questo il punto, e non è questo il motivo di questo post.

brevetto elettricità dalle pianteI nostri inventori hanno fatto anche altri esperimenti, e hanno scoperto un paio di cose interessanti.

La prima cosa interessante

La prima cosa interessante che hanno scoperto, e che non ho avuto modo di testare quindi per ora mi fido sulla parola, è che la quantità di corrente “drenata” è un utile indicatore previsionale del tempo atmosferico.
Quando il valore è più basso (rispetto alla lettura fatta con lo stesso chiodino, nello stesso albero e con lo stesso puntale in una giornata di sole), significa che si sta avvicinando una perturbazione. E maggiore il calo di tensione, peggiore la perturbazione che sta arrivando.

Questa cosa è sicuramente interessante, e merita ulteriori approfondimenti. Ho già un paio di idee, ma devo trovare il tempo… Magari tra qualche mese ritorneremo sull’argomento.

La seconda cosa, ancora più interessante

La seconda cosa interessante che viene sostenuta nel brevetto, è che se si prende un albero come catodo (polo positivo) e come anodo si utilizza una pianta, la pianta viene “energizzata”: cresce di più (i pomodori secondo loro un terzo di più), fornisce più frutti, ma soprattutto non viene attaccata dai parassiti!

Sostanzialmente l’esperimento che hanno fatto, con broccoli e pomodori, è stato di piantare un chiodo in un melo, secondo le modalità già spiegate, e collegarlo con un filo di rame a piante di pomodoro e a piante di broccoli, e hanno notato questi effetti. In questi esperimenti le piante di ortaggi fungono da puntale.

Inoltre hanno provato a collegare al melo una pianta di broccoli che era venuta più piccola delle altre, e in 2/3 giorni la pianta di broccoli era cresciuta fino a raggiungere le altre (dicono).

Altro esperimento interessante, hanno collegato sempre allo stesso modo il melo a una pianta di broccoli, e ci hanno messo sopra un verme (presumo un bruco di cavolaia): il verme non ha mangiato la pianta, è caduto, si è spostato su un altra pianta non collegata al melo, e ha mangiato quelle foglie.

In un altro esperimento, hanno preso una pianta piena di insetti (non lo specificano, presumo afidi), la hanno collegata al melo, e dopo un’ora non c’erano più insetti sulla pianta.

Ultimo esperimento di cui parlano nel brevetto, le piante di pomodoro “energizzate”, cioè collegate al melo, hanno resistito alle prime due gelate invernali, mentre le piante non “energizzate” sono appassite dopo la prima gelata.

Conclfoglie di un alberousioni

Che dire? Quando ho letto il brevetto ho pensato a una stupidaggine, a una cosa senza senso. Però, al fine di fugare ogni dubbio, e visto quante era semplice fare una prova ho voluto verificare, e il risultato mi ha lasciato piuttosto stupito.

A questo punto però sono davvero curioso di verificare se veramente le piante così collegate agli alberi resistono meglio agli insetti (qui siamo invasi dalle lumache), e non escludo di fare qualche altro esperimento. In fondo basta un albero, un chiodino e un filo di rame, no???

P.S. Prima di pubblicare il post, ho fatto qualche altra ricerca su Internet, e negli ultimi 10 anni sono usciti parecchi articoli scientifici che illustrano metodi sperimentali (e sperimentati) di ricavare energia elettrica dalle foglie delle piante, sfruttando l’effetto triboelettrico, di cui già scriveva, nel VI secolo avanti Cristo, Talete di Mileto. Per chi fosse interessato, questo è un articolo interessante di un team in cui sono presenti anche ricercatori italiani. E questo il video relativo. Il video è accessibile a tutti, ma purtroppo l’articolo è a pagamento, sul sito della rivista che lo ha pubblicato. Ma se siete in grado di leggere l’articolo, allora conoscerete anche sci-hub, no? 😉

P.P.S. Tra la scrittura di questo articolo e la sua pubblicazione, ho fatto anche altre letture, in un altra giornata, una bella giornata. Tra un Olmo e il terreno senza chiodi piantati (chiodino in un olmo a circa 50cm di altezza, e altro puntale del tester infilato direttamente nel terreno), sono venuti fuori oltre 700 millivolt. Circa il triplo del primo test (quello fatto con il nespolo giapponese). Non si possono certo trarre conclusioni da due sole letture diverse, peraltro fatte in punti diversi del nostro terreno. Però diciamo che questo è un indizio interessante, e che ci motiva ad investigare ulterioremente la faccenda.

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