Le fave non dovrebbero proprio mancare in un orto familiare, sono facili da coltivare e hanno un’ottima resa. Sono legumi, quindi proteine vegetali, molto nutrienti e versatili in cucina.
Delle fave abbiamo già detto, ma in questo post approfondiamo e vediamo più nel dettaglio come si coltivano, visto che c’è ancora tempo per seminarle nell’orto.
Infatti, anche se nel centro Italia si seminano a novembre, per tradizione intorno ai giorni dei morti, in realtà si possono seminare fino a metà marzo.
Le fave: storia e miti
Le fave hanno origine nel bacino del Mediterraneo in tempi antichissimi ed erano molto conosciute e consumate nell’antica Grecia e nell’antica Roma.
Avvolte da misteri e tabù, le fave erano considerate un cibo “puro” e “impuro” allo stesso tempo. Erano usate per divinazioni, erano sacre agli Dei, gradite ai morti, tabù per i Pitagorici…
Sicuramente questo legume era associato al mondo dei morti, forse per via delle lunghe radici che scendono nel terreno e ritenute tramite tra terra e mondo sotterraneo, o forse perché offerte durante le celebrazioni legate ai defunti.
Anche le fave dei morti, biscottini a forma di fava, che oggi si preparano in molte regioni italiane usando le mandorle, in origine erano preparati proprio con le fave.
Nel Medioevo, e per diversi secoli a seguire, furono considerate un classico cibo dei poveri (la “carne dei poveri”), consumate proprio per il loro contenuto proteico, il prezzo economico e la facilità di coltivazione.
C’è da perdersi dietro tutti i miti e le leggende legate alla fave, ma se volete approfondire qui un articolo molto interessante.
La fava: un po’ di botanica
Le fave, nome scientifico Vicia faba, appartengono alla famiglia delle Leguminose o Fabacee.
Sono piante annuali di rapido sviluppo e possono raggiungere l’altezza anche di un metro e mezzo.
Le foglie sono ovali di un verde-grigio e i fiori ascellari sono molto belli, bianchi con una vistosa macchia nera.
Le radici delle fava sono fittonanti e riescono a scendere in profondità nel terreno, inoltre hanno numerose ramificazioni laterali all’interno delle quali si trovano i tubercoli radicali che ospitano specifici batteri azotofissatori.
Per questo motivo le fave sono considerate piante miglioratrici del terreno ed usate spesso come sovescio o come coltura intercalare.
Il baccello che contiene i semi, da 4 a 10, è di colore verde e può essere più o meno allungato a seconda della varietà.
Proprio in base alla grandezza del seme possiamo distinguere tre varietà principali:
Major, a cui appartengono le fave da orto, con semi grandi usati freschi o secchi per il nostro consumo;
Minor, fave con seme piccolo dette anche favino, usate come foraggio per gli animali ma anche per la pratica del sovescio;
Equina, detta favetta, dal seme medio usata sia per il bestiame che per il consumo umano come cibo in scatola o surgelato.
Per la fava da orto, del gruppo major, possiamo trovare diverse varietà, dal ciclo precoce, medio o tardivo e con baccello più o meno lungo, da 15 a 25 cm.
Nella nostra zona la più usata è forse l’Aguadulce ma esistono davvero tante varietà, anche colorate, noi ad esempio abbiamo provato la fava rosa i cui semi sono proprio tendenti al rosa-violetto.
Coltivazione delle fave
Terreno e clima
Quando diciamo che coltivare le fave è facile e non richiede molto impegno è perché sono piante abbastanza rustiche e si adattano a diverse sistuazioni di clima e terreno.
Preferiscono terreni argillosi e calcarei, proprio come il nostro, mentre hanno difficoltà a crescere su terreni sabbiosi, dove bisogna provvedere con continue irrigazioni, e su quelli acidi che possono ridurre drasticamente la resa e la crescita.
Riguardo il clima le fave crescono bene tra i 10 e 22 gradi, sopportano bene il freddo, anche le gelate, ma non prolungate.
Proprio per questo nell’Italia centrale e meridionale le fave vengono seminate prima dell’inverno, che di solito è mite, mentre al Nord si aspetta la metà di febbraio. Le gelate tardive e prolungate, inoltre, possono far cadere i fiori o i baccelli immaturi compromettendo il raccolto.
La neve invece non le danneggia affatto, almeno nella nostra esperienza.
Semina
Di solito le fave si seminano con luna in fase crescente, ma qui da noi, con terreno piuttosto pesante, è tradizione seminare tutto con luna calante, forse per favorire l’attecchimento delle radici.
Per l’agricoltura biodinamica le fave andrebbero seminate in giorni di fuoco (Ariete, Leone e Sagittario) e di “frutti-semi”.
Come detto le piante di fave diventano piuttosto grandi quindi necessitano di un certo spazio, noi le coltiviamo fuori dall’orto vero e proprio, nelle zone in cui alterniamo legumi e cereali, effettuando le rotazioni.
Prima della semina è prevista un’aratura profonda, per l’agricoltura tradizionale, ma noi facciamo solo una fresatura superficiale con la motozappa, e speriamo che nel tempo non ci sia più bisogno di smuovere la terra, secondo i principi di Fukuoka.
La semina, in un orto familiare, si esegue a postarelle: si scavano file di buchette in cui si mettono a dimora 3-4 semi insieme. La profondità delle buchette sarà di 5-7 cm, seguendo la regola che vuole che la profondità di semina sia il doppio della grandezza del seme.
La distanza tra le buchette, e quindi tra le piante, è molto importante vista la grandezza di questo legume; quindi sulle file la distanza tra le buchette deve essere di circa 30 cm, mentre quella tra le file sarà di 50- 60 cm.
Una volta seminato bisogna irrigare e tenere il terreno umido per favorire la germinazione.
Questo è quasi l’unico impegno richiesto dalla coltivazione perché le fave crescono in un periodo solitamente piovoso e non necessitano quindi di irrigazione. Solo nel momento della formazione dei baccelli, e solo in caso di siccità e caldo precoce, dovremo innaffiare dinuovo.
Germinazione e crescita
Le piantine spuntano dopo un paio di settimane, anche tre, perché il seme è piuttosto duro. Per accelerare la germinazione qualcuno usa immergere i semi in acqua per 24 ore, ma noi personalmente non lo abbiamo mai fatto.
Quando le piantine raggiungono 10-15 cm di altezza si rincalzano, ammucchiando un po’ di terra alla base, per renderle più stabili. Noi non lo facciamo, ma una volta spuntate le piantine cominciamo a pacciamare partendo dalla base delle piante, per proteggerle dal freddo ma anche per non permettere lo sviluppo delle “erbacce”. Usando la pacciamatura non c’è bisogno di estirpare e sarchiare.
Anche se le fave necessitano di poche cure, a noi è capitato di dover approntare delle coperture durante un inverno insolitamente rigido, con gelate continue.
In tal caso, l’impegno sarà quello di coprire le piante con tessuto-non-tessuto bianco. Se le piante sono poche si possono avvolgere singolarmente, se invece sono molte meglio adagiare un grande telo su tutta la fila fermandolo con mattoni o sassi lungo i bordi.
Raccolta
Le fave si raccolgono a maggio, se seminate a febbraio. In climi più miti si comincia a raccogliere a marzo avendo seminato tra ottobre e novembre.
Almeno così è scritto nei libri, ma qui da noi si raccoglie sempre a metà maggio, anche se seminiamo a novembre! E forse è così in molte altre zone.
Questo legume ha un grande rendimento, la produzione di baccelli si aggira sui 20-30 tonnellate per ettaro, mentre la resa dei soli semi freschi è di 5-6 t/ha.
Queste rese si hanno anche in un orto familiare, quindi avremo molto da sbucciare e conservare! Nella nostra esperienza, in genere raccogliamo circa 60 kg di baccelli in 100mq, un terzo in meno delle rese teoriche riportate sui testi, ma il tutto senza aratura, senza apportare nulla (concimi, sostanze chimiche…) e con distanze tra le piante ben maggiori di quelle usate nell’agricoltura industriale.
Non è difficile accorgersi di quando è il momento di raccogliere, i baccelli risultano pieni stringendoli un po’ tra le dita.
Il periodo di raccolta dura circa 20 giorni, e si comincia raccogliendo i baccelli posizionati in basso che sono quelli più grandi e che maturano per primi.
Noi cerchiamo di raccogliere i baccelli appena sono pronti perché dentro i semi (cioè le fave) sono più teneri e si possono mangiare anche con la loro buccia. Aspettando di più, la buccia del seme si indurisce e se aspettiamo troppo, quando il baccello diventa marrone, le fave dentro si seccano.
Subito dopo la raccolta dei baccelli, noi tagliamo tutte le piante alla base, lasciando le radici nel terreno e ricopriamo il campo con quello che abbiamo reciso, una sorta di pacciamatura. Lasciamo che le piante di fave tagliate si decompongano e arrichiscano il terreno dove poi semineremo il grano.
Avversità
Il problema principale che si ha con le fave è l’afide nero, che in primavera si insedia sulla parte alta delle piante. Se l’attacco avviene precocemente può compromettere lo sviluppo della pianta e quindi del raccolto.
Si può intervenire irrorando con sapone di marsiglia (20g per litro di acqua) o con l’uso costante di macerati repellenti, tipo quello di ortica o di aglio.
Un’altra pratica usata per contenere gli afidi è quella della cimatura della pianta di fave. Appena i baccelli si sono formati, cimando, cioè tagliando la parte apicale (gli ultimi 10 cm), si ha un doppio vantaggio: si favorisce la produzione e la maturazione dei baccelli e si diminusce la presenza di questi parassiti.
In effetti la soluzione migliore rimane quella di avere una biodiversità nell’orto, di creare un equilibrio tra gli “abitanti dell’orto”, lasciando il compito di limitare la popolazione di afidi alle coccinelle che sono i loro predatori naturali.
Un altro parassita, ma vegetale, legato alla pianta di fave è un insolito “fiore” che nasce proprio alla sua base.
Nella nostra ignoranza credevamo facesse parte della pianta di fave, perché lo notavamo dopo il raccolto, quando la fava comincia a seccare.
In realtà è una pianta parassita, il suo nome è Orobanche crenata, detto anche lupo, succiamele, sporchia…
Queste piante non contengono clorofilla per cui si nutrono della linfa di altre piante, in questo caso delle fave, e le possono danneggiare notevolmente.
Per fortuna da noi cresce dopo la maturazione della maggior parte dei baccelli ma comunque è meglio eliminare l’orobanche prima che fiorisca e sparga i suoi migliaia di piccoli semi nel campo.
A dire il vero questa pianta parassita si può mangiare, anzi sta diventando una ricercatezza culinaria, specie al Sud.
Noi comunque, ora che la conosciamo, la recidiamo appena la vediamo comparire alla base delle nostre piante di fave.
Conservazione delle fave: essiccare e congelare
Dopo aver raccolto, i baccelli vanno aperti e le fave vanno conservate. Si può fare congelandole o essiccandole.
Essicarle permette di conservale a lungo ma poi, per poterle consumare, necessitano di un lungo ammollo e di una lunga cottura.
Noi essicchiamo solo la quantità di semi che ci serviranno per la futura semina, scegliendo allo scopo i semi grandi e ben maturi.
Preferiamo conservare le fave con la congelazione, ma le scottiamo prima in acqua bollente per pochi minuti, ci sembra un modo più sicuro dal punto di vista della sicurezza alimentare. Inoltre preferiamo congelarle togliendo la buccia, quindi sbollentiamo, raffreddiamo, togliamo la buccia ad ogni singola fava, poi insacchettiamo e mettiamo in freezer.
Il procedimento è un po’ lungo, considerando anche che prima bisogna sbaccellare, ma il lavoro è ripagato quando poi le utilizzeremo.
Congeliamo le fave anche senza togliere la buccia, quando non abbiamo tempo, ma poi, una volta cotte, rimpiangiamo di non averlo fatto: al palato c’è differenza! Le fave congelate con la buccia risultano più amare, inoltre quelle congelate senza buccia una volta cotte mantengono un colore verde più brillante.
Fave in cucina
Le fave sono ricche di proteine e fibre vegetali, garantiscono l’apporto di ferro e altri minerali e una notevole quantità di vitamine. A meno di non essere affetti da favismo, sono un cibo ricco di nutrimenti e molto versatile in cucina.
Per utilizzare le fave secche bisogna, come detto, procedere con un ammollo prima di cucinarle, e la cottura richiede un paio di ore mentre quelle congelate si utilizzano senza scongelarle, si metteno direttamente dal freezer alla pentola, e la cottura risulta più breve.
Con le fave secche, però, si può ottenere una farina da usare per fare pane e pasta, mischiata con altre farine.
Se vogliamo cucinare, possiamo trovare tantissime ricette da fare, da quelle tradizionali a quelle più “gourmet”. Il web ne è pieno.
Noi amiamo consumarle facendone un hummus, tipo quello classico di ceci, e, ovviamente non possiamo non mangiarle crude con il pecorino.
Qui nel Lazio la tradizione vuole che a maggio, spesso proprio per la festività del primo, si faccia una gita fuori porta con pic-nic sull’erba. La “portata” principale sono proprio fave fresche e pecorino romano.
Si sbaccella in compagnia e si mangiano i semi crudi e teneri addentando un bel pezzo di formaggio saporito!