Coltivazione del grano
come si faceva una volta:
mietitura e trebbiatura

chicchi e pula di grano
Il resoconto della nostra esperienza continua raccontando, dopo la semina, la fase di mietitura e di trebbiatura manuale.
Avevamo cercato di documentarci e qualche informazione l’avevamo anche trovata, ma ovviamente solo in inglese. Sembra che qui da noi nessuno coltivi più il grano in quantità modeste, invece in America ci sono ancora gli Amish, che svolgono un’agricoltura manuale e i prepper, persone che si preparano alla catasfrofe (secondo loro imminente) riscoprendo l’autosufficienza alimentare.
Comunque, nonostante avessimo letto qualcosa, la pratica è stata più impegnativa e complessa del previsto!

Mietitura

Come già detto, abbiamo sbagliato il tempo della mietura. Aspettando che la facessero nei campi intorno, abbiamo cominciato troppo tardi. A nostra discolpa, bisogna dire che sulle operazioni di mietitura a mano abbiamo trovato poche informazioni (anche in inglese) e quindi abbiamo improvvisato.

Abbiamo iniziato a mietere il 10 luglio, armati di falcetto, come nell’immaginario iconografico.
Questo metodo si è rivelato subito piuttosto laborioso. Il campo era pieno di erbe spontanee e di cicoria in fiore con gambi coriacei. Quindi, prima di poter falciare il grano, dovevamo tagliare con le cesoie tutti i fusti di cicoria  (molto più grossi del grano) e, una volta falciato un bel mazzo di spighe, dovevamo pulirlo dalle erbe intruse. In più dovevamo separare la spiga dal gambo per poter trebbiare più agevolmente, e più maneggiavamo le spighe, ormai belle secche, più chicchi perdevamo!

Dopo il primo giorno abbiamo capito che dovevamo trovare un altro sistema.
Abbiamo deciso di tagliare solo la spiga, senza gambo. Armati di forcibi e panieri abbiamo cominciato a raccogliere solo le spighe, avanzando di un paio di metri al giorno nel campo di grano. Non riuscivamo a fare di più perché potevamo tagliare solo la mattina presto, sia per il gran caldo, sia perché le spighe raccolte dovevano stare al sole per gran parte della giornata, così da poter trebbiare il pomeriggio.
Avanzando di due metri al giorno, abbiamo impiegato circa 10 mattine per mietere tutto il nostro campicello di 5mt per 20mt.

Il nostro metodo

Per ricapitolare, le nostre operazioni erano queste:
-mattina presto tagliare con cesoie le piante più grosse che intralciavano,
-tagliare con forbici solo le spighe,
-mettere al sole le spighe raccolte in modo che, asciugandosi della rugiada notturna, trebbiare il pomeriggio fosse più facile,
-infine taglio con falcetto dei gambi rimasti sul campo (paglia) per poter avanzare il mattino seguente.

Dopo un paio di giorni abbiamo apportato dei miglioramenti: abbiamo sostituito il telo dove lasciavamo a seccare le spighe con una zanzariera estensibile e abbiamo usato il decespugliatore per tagliare i gambi e sgomberare il campo.

La zanzariera estensibile si è rivelata utilissima, poggiata su cavalletti non si riempiva di formiche come succedeva usando il telo. E usare il decespugliatore per abbattare i gambi ha reso l’operazione più veloce.

Mieessiccazione delle spighetendo tardi e impiegandoci molto tempo, abbiamo perso molto grano. Gli ultimi giorni le spighe erano molto secche (si raccoglievano a mano senza forbici), e molte erano monche, cioè metà spiga era già caduta. Abbiamo perso circa la metà del raccolto, almeno metà dei chicchi è rimasta sul campo per la gioia degli uccelli.

Con le informazioni e i racconti avuti dopo, abbiamo capito che il metodo più giusto dovrebbe essere:
-iniziare per tempo, intorno al 13 giugno,
-falciare il grano lasciandolo in covoni in piedi sul campo,
-lasciare i covoni a seccare per una quindicina di giorni.
In questo modo al momento della mietitura non ci sono troppe “erbacce” nel campo e non si rischia di perdere chicchi preziosi perchè le spighe non sono ancora secche.

Aggiornamento

Quest’anno (2020) abbiamo mietuto molto più velocemente (in meno di 2 ore), utilizzando una falce “tecnologica” autocostruita. Questo l’articolo in cui spieghiamo come abbiamo fatto.

Trebbiatura

Sulle operazioni di trebbiatura abbiamo trovato più informazioni, sia dai prepper che dagli Amish. In generale la trebbiatura manuale consiste in due fasi: la battitura delle spighe in modo da liberare i chicchi e la pulizia, cioè la separazione dei chicchi dalla pula.

Come si faceva una volta

Innanzi tutto, un tempo questi lavori si facevano sempre in tanti: più persone uguale meno tempo e fatica!
La battittura si faceva mettendo le spighe su un grande telo steso nell’aia e poi si batteva con bastoni o attrezzi simili. Spesso si usava far camminare gli asini sul grano, che aiutavano l’operazione di battitura con i loro zoccoli.

La fase della pulizia dei chicchi dalla pula si faceva sull’aia in giornate ventose, sempre in più persone. Con i forconi si alzavano in aria le spighe (battute) in modo che la pula, essendo leggera, volasse via e a terra ricadessero solo i chicchi, più pesanti.
Per raccolti più estesi, in tempi più recenti, si usavano le trebbie da aia, macchine trebbiatrici fisse, che si spostavano di casale in casale. Gli Amish hanno tuttora delle trebbie da aia a pedale! Queste macchine svolgono entrambe le operazioni: battitura e separazione chicco-pula, anche se non con l’efficienza di una moderna trebbiatrice meccanica.

Battitura e pulizia del grano manuale

Attualmente, per modeste quantità di raccolto, la battitura si fa usando dei sacchi. Si infilano le spighe in sacchi che poi vengono sbattutti a terra con forza o battuti con un bastone.

Qualcuno si ingegna costruendosi degli attrezzi-trebbiatori, per esempio secchi con ventole soffiatrici o contenitori con dentro una catena collegata ad un’asta filettata e azionata da un trapano.
Per la pulizia, invece, si usano i ventilatori. Travasando il grano battuto da un recipiente a un altro davanti al ventilatore si ottiene lo stesso risultato che avremmo con il vento. I chicchi cadono nel secondo recipiente mentre la pula vola via.

Il nostro metodo di trebbiatura

Per la battitura, noi ci siamo preparati cucendo un sacco di cotone e recuperando una federa di cuscino. Il pomeriggio, dopo che le spighe erano state al sole sulla zanzariera, riempivamo i due sacchi e, un po’ sbattendoli a terra, un po’ battendoli con il martello in gomma, facevamo la battitura.
Più le spighe sono secche, meglio viene questa operazione!
Dopo aver battuto, toglievamo a mano le parti più grosse (spighe senza chicchi) e trasferivamo il tutto in un secchio. Poi, davanti al ventilatore, facevamo cadere i chicchi in un altro contenitore in modo da pulire il grano dalla pula. Ripetendo questo lavoro più e più volte, si otteniene una buona pulizia. Ma sfruttando il vento, invece che un ventilatore, viene ancora meglio.

Dopo qualche pomeriggio di trebbiatura, abbiamo scovato un video in cui al posto di un ventilatore si usava un vaglio da cereali. In realtà si trattava di due setacci, uno sull’altro, con differenti grandezze di buchi: il primo con buchi ovali più grandi e il secondo con buchi rettagolari più piccoli.
La pulizia sembrava venire benissimo, e così ci siamo messi alla ricerca di questo attrezzo. Niente su internet e niente nei consorzi agrari dei paesi qui intorno. Alla fine abbiamo trovato un setaccio con maglia grande, artigianale abbruzzese, e ci siamo adattati.

La cosa carina è che nella ricerca di questo oggetto, molti negozianti erano stupiti e ci hanno presi un po’ per pazzi ma tutti ci hanno guardato con una sorta di ammirazione e nostalgia dei tempi in cui i loro nonni lo facevano, commentando che prima o poi dovremo tornare a fare così se vorremo mangiare sano.

chicchi di grano dopo la trebbiaturaIl setaccio ci ha aiutato molto. Prima di passare alla fase ventilatore, abbiamo passato il contenuto dei sacchi battuti al setaccio, che tratteneva i residui più grandi. In questo modo la “fase di ventilazione” è stata molto più rapida e il risultato della pulizia migliore.

Dopo 10 giorni di mietitura e trebbiatura abbiamo ottenuto quasi 20 chili di grano piuttosto pulito (altri 20 sono rimasti sul campo). Anche se qualche residuo era ancora presente, sicuramente i nostri chicchi erano molto più puliti di quelli ottenuti dalla trebbiatura meccanica con le mietitrebbie!

(segue: Coltivazione del grano come si faceva una volta: lavaggio e conservazione)

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15 commenti

    1. Ciao Francesco, benvenuto tra i microcoltivatori di grano!
      Fai bene a provarci, non si può lasciare incolto un bel pezzo di terra.

  1. Ciao ragazzi, questo articolo mi ha riempito il cuore, anche a me piacerebbe provare a fare lo stesso e e vedere che ci sono persone che già sperimentano e dalle quali imparare è di grandissimo conforto! Grazie mille per il post e per quello che fate, date speranza in un futuro migliore. Luca

    1. Ciao Luca, grazie per le tue belle parole.
      Noi ci proviamo, e abbiamo scoperto che non siamo i soli, i “pazzi” della coltivazione del grano in micro scala sono molti!
      Se ti servono consigli siamo qui.

    1. Ciao Nicola, scusa il ritardissimo nella isposta. ho notato solo ora questo commento…
      Conosciamo quella macchina, ma al prezzo occorre aggiungere il trasporto, la dogana, e poi alla fine della fiera hai una roba cinese, e qui iniziano le domande:
      1) Quanto e’ solida?
      2) Quanto mi dura?
      3) L’acciaio usato per farla è di tipo alimentare?
      4) Le vernici usate per verniciarla, sono di tipo alimentare?
      Domande le cui risposte -temo- sono piuttosto scontate, e non quelle che vorremmo.
      Non è che mi coltivo il grano da sola e mi faccio un mazzo così anche solo a raccoglierlo per poi rovinare tutto con una trebbiatura che me lo riempie di roba tossica, no?
      Stiamo pensando di costruirci una roba del genere, in legno, ma abbiamo il problema di trovare legno che non sia stato impregnato con materiale tossico per l’alimentazione, e non è facile…
      Grazie e ciao!

  2. Ci siamo imbattuti in questo commovente e rincuorante racconto volendo fare lo stesso che avete fatto voi (4 braccia lavoranti, 2 cuori sognanti)!
    Noi siamo a 750 metri di altitudine e abbiamo “rubato” al bosco un po’ di terra coltivabile…
    Avete poi trovato il grano antico da seminare? Se sì, potreste darci le indicazioni?
    Aspettando San Martino (e una vostra risposta), intanto prepariamo il terreno!
    Buona vita agreste!
    Claudia e Daniele
    Belmonte in Sabina

    1. Ciao Claudia e Daniele, siamo contenti che il nostro racconto vi sia stato di conforto!
      Adesso coltiviamo la varietà Pandas, che non è un grano molto antico (è degli anni’70), ma è l’unico che abbiamo trovato come grano usato qui nella valle del Tevere. La Sabina, che conosciamo molto bene, è sicuramente una zona “più di montagna”.
      Fate delle ricerche anche sul grano “Biancola” (parente laziale del Solinas), un nostro amico di Amatrice metterà proprio questa varietà di montagna.
      Sarebbe bello creare una mini comunità per aiutarci quando arriverà il tempo della trebbiatura. Scriviamoci.
      Intanto buona coltivazione!

  3. Il lavoro che avete fatto con molto ingegno vi fa onore.
    Riscoprire metodologie usate fino gli anni60 e fatte fuori dal boom economico.
    Io che andavo ad aiutare i miei genitori nell*aia me lo ricordo bene.
    Quegli uomini erano delle macchine.
    La mietitura iniziava prima nella pianura, seguiva la collina e la montagna.
    si incominciava sempre di notte prima che iniziava la luce dell’alba.
    Le piante di frumento venivano tagliate e legate a mazzetti(iermti nel mio dialetto) e lasciate ad asciugare. In seguito li raccoglievamo con un atrezzo a forma di uncino(lanzinu) e stretti in un utensile di legno a y capovolto ci si spostava per prendere il successivo quindi si formava il covone e si legava con della ginestra o”liscia”( una pianta che le foglie tagliava le mani ma era molto robusta e atta allo scopo).
    seguiva il trasporto nell’aia fatta in un posto in alto e ventilato, quindi
    toccava agli agli animali a frantumare le spighe e paglia.
    Poi si doveva spettare il vento e non bisognava implorarlo troppo altrimenti arrivava la pioggia.
    Se il vento era regolare in poco tempo finivi il lavoro. Se il vento cambiava direzione era una tragedia, la paglia veniva sballottata da destra a sinistra senza a concludere la trebbiatura a volte per una settimana. Seguiva la vagliatura.
    I vagli erano di maglie diverse per le fave, ceci, frumento.

    1. Ciao Salvatore, grazie mille per la tua testimonianza, per aver condiviso la tua esperienza che sarà di grande aiuto a tutti quelli che, come noi, si cimentano nella coltivazione del grano in piccola scala.
      Inoltre crediamo che sia davvero importante non perdere traccia delle tradizioni contadine.
      Per noi non è stato facile reperire informazioni pratiche, e anche trovare un vaglio è stata un’impresa!
      Ancora grazie.

  4. Ciao Donatella, vi ho scoperto per caso mentre leggevo la bibbia e mi ha incuriosito sapere di più su come succedeva nei tempi antichi la mietitura e la trebbiatura , e cercando su Google mi sono imbattuta sul vostro racconto . Confesso che leggevo quasi emozionata mentre parlavi delle difficoltà incontrate e dell’ingegno messo in atto per risolvere tali problemi … Tra me e me dicevo “Bravi ragazzi!!”
    Questo perché immaginavo Gesù che raccontava questa parabola:

    Matteo 13,24-30

    In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo:
    «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
    Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”.
    “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”»

    Veramente molto interessante il vostro racconto e esperienza. 👏👏👏👏👏

    1. Ciao Fabiana, sono contenta che il racconto della nostra esperienza ti abbia emozionato.
      Grazie per aver condiviso i tuoi pensieri.

  5. Non so dove siete e non capisco lo scopo del vostro lavoro, ma so che una volta il grano non si mieteva così. Anzi, penso che nessuno abbia mai coltivato e raccolto il grano come qui descritto.
    Prima di tutto, dopo la semina e quando le spighe neanche erano uscite, i campi di grano venivano mondati, cioè le erbacce venivano rimosse a mano. Questo significava che le mondine di grano sapevano distinguere le piantine di grano da quelle di erbacce, Questo si faceva per due ragioni; Una era di eliminare che le erbacce sfruttassero il terreno che, quindi aveva più nutrienti per le piantine di grano. L’altra era per rendere più facile la mietitura.
    La mietitura stessa veniva fatta con falcetti. Il mietitore formava una specie di mazzo tenuti insiema dagli steli stessi (si faceva anche a gara per chi sapeva fare i mazzi più grandi). Questi mazzi venivano messi a terra e poi raccolti per formare fasci di grano che venivano usati per fare i covoni, piccole piramidi di 21 fasci, con le spighe messe verso l’interno per proteggerle dalla pioggia (spesso dovevano rimanere sul posto aspettando la tebbiatura).
    Per la trebbiatura, i fasci venivano portati dove era la trebbia. Quando non c’erano le trebbie, venivano portati su un’aia, pressati da una grande pietra tirata in giro da uno o due buoi ed il grano veniva separato dalla paglia con l’aiuto del vento.
    Infine, le spighe che erano rimaste nei campi durante la mietitura, venivano raccolte dalle spigolatrici (ricordate la Spigolatrice di Sapri?).
    Quando ero ragazzo in Irpinia ho fatto tutto questo (eccetto mondare o vedere buoi sull’aia perché c’erano le trebbie) quindi so di che parlo. Se dovevamo raccogliere il grano con le cesoie, lasciandone anche la metà per terra, saremmo morti tutti di fame.

    1. Ciao Raffaele, grazie per aver condiviso la tua esperienza ed averci raccontato come si coltivava e lavorava il grano. Ci fa sempre piacere scoprire ed imparare.

      Noi abbiamo voluto raccontare la nostra esperienza, con tutti gli errori dovuti all’inesperienza, cercando di essere utili ad altri.
      Forse ti è sfuggito, ma anche noi avremmo voluto mietere con il falcetto, e ci abbiamo provato. Purtroppo avendo sbagliato i tempi della mietitura, le spighe cadevano al solo sfiorarle, così abbiamo dovuto improvvisare un piano B.
      Per la trebbiatura abbiamo seguito la pratica della sbattitura dei sacchi (che è ancora molto usata per piccole coltivazioni) dal momento che le trebbie da aia qui non esistono più e non ci sono neanche i buoi! Per non parlare del fatto che contiamo solo su quattro braccia, siamo in due, e non su famiglie allargate.

      Il nostro scopo è quello di avere una piccola autosufficienza alimentare con un’agricoltura naturale (ispirata a Fukuoka) e nel caso specifico di autoprodurre una modesta quantità di farina.
      Benché ci sentissimo un po’ pazzi, abbiamo scoperto, proprio con questo post, che siamo in molti ad aver fatto questa scelta e in molti a coltivare il grano, in piccolo.

    2. Siete tutti speciali, è il mio sogno coltivare il grano e trovo una grande ammirazione per Francesco che c’è l’a fatta,, abbiamo ereditato un bel pezzo di terreno da parte di Papà, siamo tanti fratelli e sorelle ma nessuno vuole andarci, ci voglio provare,, grazie a tutti voi 🤗

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